Il CETA e l'Acqua: Una guida per gli attivisti

Bruxelles, Ottobre 2016

Nel corso dei negoziati sul trattato di libero commercio tra l'UE e il Canada (CETA), la Commissione Europea ha sempre sostenuto che l'acqua sarebbe stata esclusa dal trattato e che non sarebbe stata messa in discussione la scelta di come gestire da parte delle autorità pubbliche i Servizi di Interesse Generale (SGEI) riguardanti l'acqua (tra cui produzione e distribuzione di acqua potabile, servizi igienici). Ma un'attenta lettura del testo finale del CETA mostra una realtà differente.

Food & Water Europe e l'European Water Movement sono realmente preoccupati per l'impatto che il CETA può avere sull'acqua quale risorsa naturale e sulla gestione dell'acqua pubblica. Dal momento che una delle controversie chiave su questo trattato riguarda i servizi pubblici, intendiamo mettere sul tavolo un'analisi del potenziale impatto sull'acqua, nella speranza che possa essere di utilità per gli attivisti sparsi per l'Europa che fanno campagna per fermare il CETA.

L'Iniziativa dei Cittadini Europei sul Diritto all'Acqua è stata uno dei movimenti di maggior successo in Europa in questi ultimi anni. È emersa una grande consapevolezza riguardo all'importanza di tenere l'acqua sotto il controllo pubblico, di democratizzarne la gestione e di rendere l'acqua un bene comune e non una merce. Siamo sicuri di poterci basare su questa forza per contribuire a sconfiggere il CETA e altri trattati commerciali, che costituiscono una delle più gravi minacce mai viste di mercificazione e privatizzazione dell'acqua.

1. L'acqua e i servizi idrici sono inclusi nel trattato?

Sì, nell'articolo 1.9 “Diritti ed Obbligazioni riguardanti l'Acqua”. L'articolo, scritto in fumosi termini legali, stabilisce che “l'acqua nel suo stato naturale […] non è un bene o un prodotto. A tale acqua si applicano pertanto unicamente i capi 22 (Commercio e sviluppo sostenibile) e 24 (Commercio e ambiente).” Il problema è che quasi tutti gli utilizzi dell'acqua (acqua potabile, servizi igienici o, in agricoltura, l'irrigazione) comportano l'estrazione dell'acqua dal suo ambiente naturale. Ne consegue che potrebbe essere considerata come un bene o un prodotto e quindi trattata come una merce, soggetta pertanto al CETA.

L'articolo aggiunge: “Quando una delle Parti permette l'uso commerciale di una specifica sorgente idrica, ciò verrà fatto con modalità conformi all'Accordo” senza definire chiaramente che cosa è un “uso commerciale” o una “specifica sorgente idrica”, il che potrebbe aprire la porta ad un'ulteriore mercificazione dell'acqua, ad esempio esercitando un'influenza su come tali diritti idrici vengono garantiti dalle autorità. Con il CETA i diritti sull'acqua possono essere convertiti in “investimenti” (vedi quesito 8).

2. Può il CETA accrescere la spinta a privatizzare la gestione dell'acqua?

È una possibilità eventuale nel caso di fornitura di acqua potabile, mentre lo sarebbe di sicuro per i servizi igienici.

Il CETA è il primo accordo sul libero commercio negoziato dalla UE che prevede un approccio di elencazione negativa per proteggere i servizi pubblici. Con tale approccio ogni voce non riportata in elenco è soggetta alle clausole del trattato (ciò è noto come “mettilo in elenco o lo perdi”). Ci sono due allegati dove si possono elencare le esenzioni: l'Annex I per i provvedimenti (leggi o pratiche amministrative) esclusi dagli obblighi del trattato, e l'AnnexII che include i provvedimenti attualmente in vigore e quelli futuri.

Riguardo ai servizi per l'acqua potabile, l'UE ha adottato riserve nell'”Accesso al Mercato” e nel “Trattamento Nazionale” per i servizi di “Raccolta, trattamento e distribuzione dell'acqua”, come riportato nell'Annex II “Riserve relative a Provvedimenti Futuri”.

Tuttavia solo quattro riserve adottate congiuntamente: “Accesso al Mercato”, “Trattamento Nazionale”, “Nazione più Favorita” e “Requisiti di Prestazione” possono garantire che un servizio venga escluso in ogni caso dai meccanismi del CETA. Ad esempio, l'ultima proposta della UE sui servizi nel TTIP[1] include riserve nel “Trattamento Nazionale”, nella “Nazione più Favorita”, nei “Requisiti di Prestazione” e nella voce “Dirigenza e Consigli di Amministrazione” per quanto riguarda la “Raccolta, trattamento distribuzione dell'acqua”. Non si vede alcuna ragione perché tali riserve siano necessarie con gli USA e non con il Canada.

Inoltre va fatto presente che per i servizi dell'acqua potabile, anche se sono inclusi nelle riserve dell'Annex II, si applicano le clausole sulla protezione degli investimenti[2].

Riguardo ai servizi igienici, solo la Germania può adottare per i servizi di “Acque reflue, smaltimento rifiuti e servizi igienici” la riserva relativa all'”Accesso al Mercato”. Questo comporta per i restanti paesi membri dell'UE l'inclusione di tali servizi nel complesso delle clausole del CETA, in contraddizione con l'Articolo 12 della Direttiva UE sulle Concessioni, che stabilisce la non applicabilità della Direttiva stessa per concessioni assegnate nello smaltimento o trattamento delle acque reflue[2].

3. I servizi idrici sono tutelati dalla (clausola) orizzontale “Esenzione per le aziende di servizi pubblici” così come conclamato dalla Commissione UE?

Secondo uno studio commissionato dalla Confederazione Europea dei Sindacati dei Servizi Pubblici (EPSU) e dalla Camera del Lavoro Austriaca[3], ci sono diverse criticità in questa clausola, che costituisce uno dei più importanti strumenti dell'UE nel contesto degli accordi commerciali.

Il modello di tutela applicato dalla UE non include la tutela nei confronti della protezione degli investimenti.La terminologia è piuttosto ambigua. Termini quali “utility pubblica” non hanno un significato specifico nella legislazione internazionale e un termine equivalente in quella della UE.

Inoltre la Clausola sulle Utility Pubbliche tutela nei confronti dell'”accesso al mercato” ma non nei confronti del “trattamento nazionale”. Ne consegue che alle società straniere con filiali in Canada debbono essere assicurati gli stessi diritti delle società domestiche non appena stabiliscono una filiale in uno stato membro della UE.

La Commissione Europea sostiene che questo modello ha offerto “20 anni di efficace tutela”. Ed è corretto affermare che ad oggi gli accordi commerciali non hanno formalmente impedito agli stati membri della UE di fornire servizi pubblici quali l'acqua.

Ma, secondo le conclusioni del Prof. Krajewski, non possiamo ignorare l'effetto di congelamento normativo di questi accordi allorquando i governi, intraprendendo riforme politiche sui servizi pubblici, possono mettere in conto i loro obblighi commerciali. Inoltre, il fatto che non si siano registrate dispute in quest'area non significa che non possano verificarsi in futuro, dal momento che questo modello non è mai stato messo realmente a prova. Questo modello funziona a partire dall'accordo del GAT del 1995 e da allora l'UE ha firmato essenzialmente accordi commerciali con paesi in via di sviluppo e mercati emergenti (Messico, Cile, Corea del Sud, Perù...). Nessuno di questi prevede fornitori commerciali di pubblici servizi di particolare rilevanza con uno specifico interesse all'accesso nel mercato UE. Ma questo non è il caso del Canada, così come non è il caso degli USA per il TTIP.

Per i servizi igienici (trattamento delle acque reflue) c'è solo una riserva della Germania e una “Clausola sulle Utility Pubbliche” di carattere generale che include anche il trattamento delle acque reflue. L'interrogativo che ci si pone è che cosa succede in questo caso contraddittorio, in cui c'è una tutela di carattere generale prevista dalla “Clausola sulle Utility Pubbliche”, mentre c'è nel contempo una liberalizzazione nello specifico settore dei “servizi ambientali”. Di solito una legge specifica settoriale è ritenuta prioritaria rispetto ad una legge di carattere generale.

L'Associazione Tedesca degli Operatori dell'Acqua Pubblica ha inoltre trovato una possibile scappatoia che potrebbe avere un impatto sia sull'acqua potabile che sui servizi igienici, dal momento che questa è la prima volta che la clausola sulle “Utility Pubbliche” verrebbe collocata nel contesto di un accordo su una lista negativa[4].

4. Il CETA può costituire un problema per le autorità pubbliche nel riportare la gestione dei servizi idrosanitari sotto il controllo pubblico?

Sì, con tre principali motivi di preoccupazione: la cooperazione normativa, l'effetto “ratchet” e l'arbitrato sulle dispute investitore-stato (conosciuto come ISDS o, più di recente, col nome di ICS).

Un meccanismo di cooperazione normativa è previsto nel CETA ed in altri accordi sul libero commercio. La cooperazione normativa offre una base per l'analisi della vigente e futura legislazione in termini di impatto sul commercio e gli investimenti. Ad esempio società multinazionali potrebbero dare parere negativo su qualsiasi riforma legislativa progressista che possa avere un impatto sui loro interessi. In connessione con il rischio di venire portati in un tribunale privato sugli investimenti (ISDS/ICS), la cooperazione normativa potrebbe bloccare la discussione e l'approvazione di leggi e provvedimenti di interesse generale sui servizi pubblici, rimuovere diritti umani e diritti sull'acqua, e perfino indebolire la legislazione vigente.

Sotto questi accordi di libero commercio, una volta che un settore è liberalizzato e non è compreso nell'elenco dell'Annex II, non c'è possibilità di tornare indietro (ciò è conosciuto come “meccanismo ratchet”). Cambiamenti sono permessi solo se sono meno restrittivi dei provvedimenti elencati. Abbiamo esempi di questo effetto “ratchet” in altri accordi di libero commercio, ad es. il NAFTA. Da notare che il Parlamento Europeo ha respinto il “meccanismo ratchet” nella risoluzione sul TISA[5].

La risoluzione delle controversie investitore-stato (ISDS) è uno degli aspetti più preoccupanti di quest'ultima ondata di accordi commerciali. Con questo meccanismo imprese straniere possono servirsi di tribunali privati per citare in giudizio i governi, qualora ritengano che i loro profitti o investimenti potenziali possano venire danneggiati da nuove leggi o da cambiamenti nella linea politica. L'ISDS dà alle imprese il potere di contestare – e potenzialmente di annullare – decisioni governative e di ricercare compensazioni al riguardo, anche di milioni di euro. Sebbene nell'ultima versione del CETA vi sia una versione riformata dell'ISDS denominata ICS, l'analisi di questa nuova versione mostra come gli effetti peggiori permangano immutati[6].

5. Ad oggi si sono verificati casi di ISDS con un impatto negativo sull'acqua e sulla gestione delle risorse idriche?

Vi sono stati diversi casi in cui le autorità pubbliche sono state citate in giudizio presso tribunali privati di arbitrato da parte di imprese su controversie attinenti l'acqua.

L'Argentina, ad esempio, ha perso in tre casi contro investitori internazionali, quando il paese ha cercato di riportare in mani pubbliche le compagnie idriche. L'Argentina ha dovuto pagare 105 milioni di dollari a Vivendi (ora Veolia), una volta che le autorità avevano chiuso il contratto di fornitura dell'acqua per la provincia di Tucuman dopo che l'impresa aveva aumentato le tariffe dell'acqua del 104% e aveva mancato di investire adeguatamente nel sistema, con conseguente cattiva qualità dell'acqua[7]. L'Argentina ha anche perso una controversia contro Azurix (una filiale di Enron) e ha dovuto pagare alla società 165 milioni di dollari quando una cooperativa di lavoratori dell'acqua ha preso in consegna i servizi di acqua potabile e trattamento acque reflue nella provincia di Buenos Aires, una volta che la compagnia era uscita dal contratto[8]. L'Argentina ha perso in un terzo caso contro Suez, AGBAR e Vivendi dopo che la città di Buenos Aires ha optato per la rimunicipalizzazione della propria società idrica a causa delle preoccupazioni emerse per la cattiva qualità dell'acqua, per l'assenza di un trattamento delle acque reflue e per le tariffe crescenti[9].

Nei fatti un semplice disaccordo sugli incrementi tariffari ha costituito una ragione sufficiente per una impresa per citare in giudizio un governo. La società idrica privata in Tallin (Estonia) Tallina Vesi ha sporto reclamo contro il governo estone utilizzando un trattato bilaterale sugli investimenti (BIT). Tallina Vesi è di proprietà di United Utilities, una società inglese registrata in Olanda. Queste si sono servite del trattato bilaterale sugli investimenti tra Estonia e Olanda per sporgere reclamo nei confronti del governo estone. La società contesta all'Estonia di non aver rispettato lo standard di “trattamento giusto ed equo” previsto dal BIT per non aver permesso alla società di aumentare le tariffe, e pertanto richiede 90 milioni per il totale delle perdite stimate in proiezione su tutta la durata del contratto[10].

6. Il CETA potrebbe costituire un problema per le attuali società idriche pubbliche?

Le società pubbliche di servizi, quali la Stadwerke Karlsruhe, una società a prevalente proprietà municipale da parte di questa città, ritengono che possa essere così[11].

Secondo la loro analisi, nel CETA i diritti sull'acqua sono in genere trattati come investimenti e pertanto soggetti alla protezione degli investimenti del CETA, che offrirebbe così extra-diritti agli investitori stranieri, a differenza di quelli che operano solo in ambito domestico come la Stadwerke Karlsruhe. Problemi potrebbero insorgere dal momento in cui un investitore straniero iniziasse a competere per una specifica falda acquifera già utilizzata dalle suddette società domestiche (uno scenario che considerano abbastanza realistico). Un ulteriore conflitto potrebbe esserci sulle zone di protezione, qualora un investitore straniero valutasse questo aspetto per un proprio investimento in tali zone. Problemi possono inoltre insorgere quando la Stadwerke Karlsruhe dovesse seguire la normativa CETA sugli approvvigionamenti, in quanto la protezione sugli investimenti prevista dal CETA permetterebbe a concorrenti risultati non aggiudicatari (di una gara) di invocare standard di protezione extra per i propri investimenti.

L'Associazione delle Società Pubbliche Idriche Tedesche va oltre[12]. Secondo la loro analisi, le riserve adottate dalla UE per la “Raccolta, trattamento e distribuzione dell'acqua” non coprono tutte le loro attività, attuali e future. A causa dell'approccio CETA di una elencazione in negativo (delle voci esentate dall'accordo), questo non non tutela la loro capacità di sviluppare attività quali l'accrescimento dell'autosufficienza energetica o il recupero ed il riuso di materiali nell'ambito del trattamento delle acque reflue. Queste attività sono incluse nella legislazione Tedesca come nuovi obiettivi nella fornitura dell'acqua. Nel contesto del CETA, gli esercenti pubblici dell'acqua dovrebbero aprire queste attività al mercato ed agli investitori stranieri.

Questa associazione lamenta anche che la legislazione sull'acqua della UE e degli stati membri non è riportata in elenco nell'Annex I, il che potrebbe significare che gli attuali provvedimenti e regolamenti per una gestione pubblica dell'acqua potrebbero essere messi in discussione. Essa teme inoltre che il capitolo sugli Appalti Pubblici limiterebbe la possibilità di lavorare con altre municipalità in forma cooperativa anziché concorrenziale. L'assenza nel CETA di un approccio basato sul principio di precauzione, componente questo inerente alla legislazione UE, nonché la normazione cooperativa, che potrebbe influenzare le decisioni dei parlamenti della UE e dei suoi stati membri, costituiscono un altro motivo di preoccupazione riguardo alla salute, l'ambiente e la tutela delle risorse idriche.

7. Le maggiori società idriche private sono Europee, e questo non è piuttosto un problema che riguarda il versante canadese?

Sì, questo è un problema per i sistemi idrici pubblici Canadesi. Ma le società canadesi ed europee operanti nel settore idrico sono filiali delle medesime multinazionali (quali Veolia, Nestlé, Suez o Coca-Cola). Il CETA, o il TTIP, offrirebbero a queste multinazionali la grande opportunità di metter mano sull'acqua e sui relativi servizi idrici, a detrimento delle popolazioni di ambedue le sponde dell'Atlantico.

Il CETA offrirebbe diritti speciali alle società ed agli investitori stranieri, ma non soltanto a quelli provenienti dal Canada. Ad esempio, delle 51.495 filiali di proprietà statunitense attualmente operanti negli stati membri della UE, 41.811 sono di proprietà di case madri statunitensi che hanno filiali anche in Canada (13). Ciascuna di queste filiali potrebbe essere usata come base per una controversia ICS. Questo meccanismo potrebbe funzionare anche in direzione opposta, attraverso filiali di proprietà europea presenti negli USA o in Canada.

Un esempio lampante di come l'ISDS/ICS opera aldilà di qualunque frontiera è costituito dal caso estone menzionato sopra, in cui una società inglese operante in Estonia si è servita della propria filiale olandese per portare il governo estone ad un arbitrato privato, utilizzando un accordo bilaterale di investimento tra l'Olanda e l'Estonia.

8. Può il CETA avere impatto sull'acqua quale risorsa naturale e sui suoi differenti impieghi in agricoltura e nell'industria?

C'è un diffuso timore che il CETA possa spingere ulteriormente verso un accaparramento dell'acqua in Europa da parte delle imprese e verso una ulteriore mercificazione dell'acqua.

Da una parte, l'articolo 1.9 stabilisce che “Quando una Parte concede l'utilizzo commerciale di una specifica sorgente idrica, ciò verrà fatto in maniera conforme all'Accordo” senza però definire chiaramente cosa si intende per “utilizzo commerciale” per l'acqua e per “specifica sorgente idrica”. Se teniamo conto della definizione di investimento riportata a pag. 39 del CETA, essa include il seguente testo “Le forme che un investimento può prendere includono: (…) un interesse originato da: (…) una concessione conferita in accordo alle leggi di una Parte, oppure nell'ambito di un contratto che includa la ricerca, la coltivazione, l'estrazione o lo sfruttamento di risorse naturali”. 

È difficile predire le conseguenze di queste clausole, ma tutto ciò assoggetta i diritti sull'acqua alle regole del CETA sul commercio e sugli investimenti. Specialmente gli standard di extra protezione per gli investitori stranieri sugli investimenti (“giusto ed equo trattamento” e “Espropriazione indiretta”) potrebbero avere una forte influenza sulle modalità di concessione dei diritti da parte delle autorità e limitare la loro possibilità di rifiuto, una volta che tali diritti sono stati concessi ad investitori stranieri. Ciò potrebbe aprire le porte ad una forma indiretta di accaparramento dell'acqua. Ci sono diversi casi di protezione degli investimenti in altri trattati (NAFTA, Energy Charta) dove i diritti sull'acqua sono stati oggetto di controversia investitore-stato. Questi casi si sono conclusi con risoluzioni a favore delle società ricorrenti [14].

Nel CETA (se si intende derivare dai diritti sull'acqua quelli di prelievo, di deviazione, di utilizzo o i permessi di proprietà) non esiste un'appropriata tutela per i diritti sull'acqua ove è ne previsto un impiego commerciale. Ciò avrebbe un pesante impatto sull'agricoltura europea e su molte industrie. A tali condizioni non c'è altro modo di interpretare l'articolo 1.9, se non di come un ulteriore strumento per andare verso una più spinta mercificazione dell'acqua.

Non sarebbe la prima volta che la Commissione Europea tenta di introdurre meccanismi di mercato nelle politiche sull'acqua [15]. Per molti anni ha spinto per una mercificazione dell'acqua, attraverso la sua tariffazione e mercati di questa risorsa. L'idea che, nell'interesse dell'efficienza economica, i diritti sull'acqua dovrebbero diventare vendibili è un mantra neoliberale che trova eco in molte istituzioni [16], ed è stato sperimentato in Spagna, Australia e California.

Attualmente in Europa spetta agli Stati Membri allocare i diritti di prelievo dell'acqua e questo lo fanno secondo criteri differenti, ma comunque non secondo criteri commerciali e di investimento quali si trovano negli accordi di libero commercio. Ma se i diritti sull'acqua risultano vendibili, la regolamentazione su tale commercio finisce di ricadere sotto il CETA. (In tale contesto) mentre lo Stato potrebbe tenere la proprietà e gestire le allocazioni, i diritti sull'acqua sarebbero liberamente vendibili, senza ulteriori interventi pubblici aldilà, forse, di un regolatore di mercato.

NOTA: Il termine “concessione” nella UE si riferisce a qualcosa di molto più specifico: si tratta di una “concessione di servizio” per essere autorizzati a rifornire di acqua una città. I diritti sull'acqua sono qualcosa di separato e si riferiscono alle risorse idriche in quanto tali – indipendentemente se siano per scopo pubblico, non a scopo di lucro, commerciale o privato.

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[1] European Commission (2015). Transatlantic Trade and Investment Partnership. Services and Investment Offer of the European Union

[2] Krajewski, Markus (2016). Model Clauses for the Exclusion of Public Services from Trade and Investment Agreements

Direttiva 2014/23/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio du 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione

[3] Krajewski, op.cit.

[4] Allianz der öffentlichen Wasserwirtschaft (2016). Wasserwirtschaft im Sog des Freihandels - CETA

[5] Risoluzione del Parlamento europeo del 3 febbraio 2016 recante le raccomandazioni del Parlamento europeo alla Commissione sui negoziati relativi all'accordo sugli scambi di servizi (TiSA)

[6] The Zombie ISDS

[7] Environmental Justice Atlas

Plusieurs auteurs, 2007. CIADI: Fallo contra el pueblo de Tucumán

[8] Water Remunicipalisation Tracker

[9] Water Remunicipalisation Tracker

[10] International Centre for Settlement of Investment Disputes

Kishimoto, S. (2015). Trade Agreements and investor protection: A global threat to public water. In Kishimoto, Lobita et Petitjean, 2015. Our Public Water Future. The Global Experience with Remunicipalisation.

[11] Stadtwerke Karlsruhe (2016). How water supply in Germany would be affected by the EU free trade and investment agreements CETA, TTIP, TiSA

[12] Allianz der öffentlichen Wasserwirtschaft (2016). Wasserwirtschaft im Sog des Freihandels - CETA

Traduzione in francese, La gestion des ressources en eau dans le sillage du libre-échange - CETA

[13] Public Citizen. Tens of Thousands of U.S. Firms Would Obtain New Powers to Launch Investor-State Attacks Against European Policies via CETA and TTIP

[14] Stadtwerke Karlsruhe, 2016, op. cit.

[15] European Water Movement (2012). Il Blueprint della Commissione mette in vendita acqua e natura

[16] Voir par exemple le séminaire Water Market Scenarios for Europe: A response to Water