Commento all’Art. 1.9 del CETA

 

Traduzione in italiano di un commento scritto in spagnolo del

professore Francesc La Roca, Università di Valencia
Membro della Fundación Nueva Cultura del Agua

L'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale. (DQA considerando 1)

La interpretazione del CETA quando afferma che “l’acqua nel suo stato naturale [...] non è una merce ne un prodotto” (enfasi aggiunta) modifica la prima parte del preambolo della Direttiva Quadro sull’Acqua, aggiungendo un elemento restrittivo che non e’ accettabile da un punto di vista scientifico, perché’ disconosce il carattere unitario del ciclo dell’acqua e perché’ ignora, tanto il carattere finite dell’acqua nel pianeta quanto la molteplicità di funzioni che l’acqua gioca negli ecosistemi.

Quando l’acqua si estrae dagli ecosistemi acquatici, dagli acquiferi o si capta direttamente la pioggia per uso umano si alter il ciclo idrogeologico, però essa non perde il suo carattere natural – nonostante la sua gestione artificiale- nel senso che prima o poi tornerà a integrarsi nel ciclo, molto probabilmente con una perdita di qualità o avendo cessato di prestare determinate funzioni eco-sistemiche il che comporta anche una perdita di servizi eco-sistemici. Una gestione dell’acqua adeguata non può ignorare questi aspetti intrinseci dell’acqua che sono anteriori agli usi e per questo devono porre limiti alla mercificazione - anche parziale o limitata nel tempo - dell’acqua.

Le caratteristiche della circolazione dell’acqua nel pianeta - il suo carattere finito, multifunzionale e territoriale - devono essere tenute in considerazione tanto quando questa circola in maniera naturale all’interno degli ecosistemi, quanto quando si estrae e si incorpora al sub-sistema sociale della circolazione. Qualsiasi istituzione che non tenga conto degli aspetti biofisici dell’acqua e del carattere determinante di questi aspetti è inadeguata per la gestione dell’acqua, inclusa la sua assegnazione ai diversi usi. Per questo, esistono regimi di concessione o permessi di utilizzazione dell’acqua che si ottengono, secondo la legislazione europea, con la clausola di non compromettere il buono stato degli ecosistemi, il che limita necessariamente la quantità estratta, le modalità di trasporto e l’uso e la destinazione dell’acqua.

Quello che propone il CETA separando l’acqua allo stato naturale dall’altra, presumibilmente l’acqua merce, e che si reggerebbe grazie alla stipula del trattato è inammissibile perché’ distorce la relazione gerarchica che lega il sistema naturale al sotto-sistema economico e che deve dare priorità nella gestione dell’acqua ai criteri di protezione e conservazione (patrimoniale) rispetto alla logica del beneficio privato propria dei mercati. Precisamente la protezione degli interessi degli investitori mediante il trattato subordina gli attori pubblici, erodendo la loro capacità di gestire l’acqua rispondendo prioritariamente agli obiettivi del buono stato ecologico e uso sostenibile attualmente vigenti nella Unione Europea.

L’acqua deve restare fuori dal trattato in tutte le sue forme e manifestazioni.

Valencia, 15 dicembre 2016