Torino: la lunga marcia verso la rimunicipalizzazione dell’acqua

Il 9 ottobre 2017 il Consiglio comunale di Torino ha ribaltato l’orientamento politico delle precedenti maggioranze compiendo il primo passo verso la rimunicipalizzazione dell’acqua di Torino Metropolitana[1]. Ha così dato inizio a una nuova fase della sua lunga marcia verso il recupero di sovranità sul servizio idrico dell’area metropolitana torinese, ricostruito nel dopoguerra sulle macerie di una città semi-distrutta dai bombardamenti alleati e dalle rappresaglie dell’occupante nazista contro la resistenza democratica popolare.

Un sistema idrico pubblico, efficiente e redditizio (1945-1990)

Dal 1945 la Città di Torino ha dovuto ricostruire gran parte del suo acquedotto. Risalgono a quel tempo tubature in amianto non ancora sostituite. Per un lungo periodo, dal 1945 al 1990, il sistema idrico cittadino è stato amministrato direttamente dal Comune, che lo ha completato per raggiungere anche le periferie più lontane e modernizzato per accompagnare lo sviluppo della città che con il cosiddetto “miracolo economico” passava da 700.000 a 1,2 milioni di abitanti. Risale al 1975 l’avvio del primo grande impianto italiano di depurazione grazie al quale Torino Metropolitana non scarica più nel Po le sue fognature, ma acqua pulita, anche se non potabile[2].

Un tale sistema pubblico integrato dell’acqua (captazione, distribuzione e depurazione) moderno, ben gestito, remunerativo, è allettante per gli operatori privati che hanno esercitato tutte le pressioni possibili sui governi nazionali e locali (di centro destra come di centro-sinistra) ottenendo progressivamente leggi e regolamenti a favore della privatizzazione dei servizi pubblici locali.

La fase delle privatizzazioni (1997 – 2001)

Il Consiglio comunale di Torino nel 1997 si adegua all’ideologia mercantile della privatizzazione dei servizi pubblici locali. Delibera di cambiare il nome e la “missione” dell’Azienda Acquedotto Municipale che non sarà più un ramo dell’amministrazione civica preposto all’approvvigionamento, erogazione e depurazione delle acque per gli abitanti della Città Metropolitana. D’ora in poi l’acqua sarà trattata come un prodotto commerciale e la sua gestione è affidata alla Società per Azioni SMAT (Società Metropolitana Acque Torino). Benché la città di Torino e altri 306 Comuni di dimensioni medio-piccole del territorio metropolitano detengano l’intero pacchetto azionario dell’azienda, il suo status giuridico è quello di una società per azioni di diritto privato i cui profitti vengono sottratti agli investimenti per distribuirli ai Comuni azionisti. Solo pochi Comuni continuano a rifiutarsi di diventare soci SMAT, costituita il 1° aprile 2001 come impresa di diritto privato a scopo di lucro[3].

La gestione dell’acqua senza scopo di lucro

Anche se il capitale azionario di SMAT S.p.A. è al 100% in mano pubblica, la società non è di diritto pubblico. In un’impresa a scopo di lucro, come la S.p.A., i costi di gestione, dalla prevenzione alla manutenzione, sono ridotti per non intaccare i profitti. Ad esempio: la legge di tutela delle fonti dall’inquinamento è applicata a oggi solo 235 delle 1665 aree di captazione, e non si sa quanti misuratori di captazione siano stati installati nelle 548 sorgenti e 622 pozzi in modo da prelevare solo l’acqua che serve e non di più. Inoltre, oltre 500 km di tubazioni in cemento-amianto non sono ancora stati sostituiti a tutela degli utenti e dell’ambiente. Ancora: sono sempre più lunghi i tempi d’intervento in caso d’incidenti, guasti, ecc. e sono frequenti le interruzioni dell’erogazione dell’acqua nei Comuni medio-piccoli a causa di rotture delle tubazioni troppo vecchie, o di inquinamento per la mancata protezione dei luoghi di captazione. In questi Comuni le tubazioni risalgono al dopoguerra, avrebbero dovuto essere sostituite da tempo ma i relativi costi avrebbero ridotto i profitti….Questa situazione è all’origine di un enorme spreco idrico[4]

I dati regionali e comunali[5] rivelano che lo spreco idrico valutato al 20% nel 2009, è drasticamente aumentato fino al 47% nel 2016 (vedi Tabella qui sotto). SMAT ci ha sempre contestato questi dati, senza peraltro contrapporne altri, e alla fine ha dovuto essa stessa ammettere uno spreco di 92.000.000 m³/anno in Torino Metropolitana, sostenendo tuttavia che si tratterebbe di uno spreco “fisiologico” (sic!). 

Ma anche la qualità dell’acqua del rubinetto è un problema. La clorazione è il metodo più economico per assicurare la potabilità dell’acqua. Esistono però metodi più efficaci e più sicuri, che non compromettono il gusto dell’acqua che però non vengono presi in considerazione perché costano di più!

Altro problema è il numero insufficiente di depuratori, con la conseguenza che le fognature scaricano in pozzi neri o peggio ancora direttamente nei corsi d’acqua. Poiché la costruzione e la gestione degli impianti di depurazione comporta dei costi che riducono i profitti, a questi si sacrificano la salute della gente e la protezione dell’ambiente. Il colmo è stato raggiunto da SMAT con l’addebito in bolletta di “fantomatici” costi di depurazione delle acque di fogna anche se l’impianto di depurazione non esisteva ed il relativo servizio non era per nulla erogato. Si è dovuto ricorre fino alla Corte Costituzionale per ottenere i rimborsi[6].

Pochi investimenti e scarsa manutenzione comportano ovviamente un decadimento della qualità dei servizi. Malgrado ciò, tra il 2012 e il 2015 le tariffe dell’acqua sono aumentate del 16,2%.

Lo sviluppo del movimento sociale in Italia (2001-2007)

Porto Alegre e il primo Forum sociale europeo di Firenze del 2002 hanno dato slancio al movimento sociale italiano e alla prima campagna nazionale per la de-privatizzazione dell’acqua.

Nel Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua[7] si sono raggruppate numerose realtà di base, che hanno lanciato una proposta di legge d’iniziativa popolare per il ritorno alla sovranità pubblica sull’acqua. E’ stato un notevole successo: sono state raccolte 406.626 firme rispetto alle 50.000 necessarie.

Poco dopo, il Comitato Acqua Pubblica Torino ne raccoglieva a migliaia sulla richiesta al Comune e alla Provincia di Torino di inserire nei rispettivi statuti il principio che l’acqua è un bene comune e non una merce e che la proprietà e gestione dell’acqua sono pubbliche. È stato un grande successo e molti Statuti comunali sono stati così modificati. Il Parlamento nazionale invece ha fatto orecchie da mercante, il progetto di legge d’iniziativa popolare è rimasto nei cassetti finché è scaduto al termine della seconda legislatura.

Il popolo s’impegna sulla questione dell’acqua (2009 – 2011) 

Nel 2009 il governo di destra di Silvio Berlusconi lancia una massiccia campagna di privatizzazioni dei Servizi Pubblici Locali, imponendo per legge ai Comuni di privatizzare almeno il 40% delle loro aziende di servizi. La reazione popolare è straordinaria. La richiesta di un referendum abrogativo raccoglie 1.200.000 rispetto alle 500.000 necessarie, l’afflusso alle urne arriva al 65% degli aventi diritto al voto e il 95% dei votanti dice Sì all’abrogazione della legge di privatizzazione e al 7% di profitto sul capitale investito dai gestori a carico degli utenti[8].

I Comuni italiani recuperano così pieni poteri e responsabilità sul governo e sulla gestione senza scopo di lucro dei servizi idrici locali.

Il grande successo democratico del referendum non è stata una sorpresa per gli attivisti dell’acqua. Era emerso chiaramente durante la campagna referendaria che gli italiani ritenevano irrinunciabili le idee e i valori dell’acqua bene comune e non merce da vendere a scopo di lucro, e che ognuno ha diritto all’acqua di buona qualità a un prezzo equo. Perciò riteniamo che la partecipazione degli utenti e dei lavoratori alla gestione dell’acqua può contrastare la corruzione, il malgoverno, il nepotismo ecc. 

Nonostante il grande successo democratico del referendum del 2011 e il divieto di gestire l’acqua a scopo di lucro, i Comuni italiani non si sono molto attivati per applicarne i principi, preferendo lo “status quo”. La loro inerzia politica ha lasciato spazio all’AEEGSI (ora ARERA) per reintrodurre in bolletta il profitto sotto le mentite spoglie di “oneri finanziari” che il Forum ha contestato anche per via giudiziaria. Ma dopo un iter lungo e costoso, la Corte di Cassazione ha respinto il nostro ricorso.

Una causa promossa dal Comitato Acqua Pubblica di Torino contro la privatizzazione dei maggiori servizi pubblici di Torino – ad eccezione dell’acqua – è stata anch’essa respinta dal Consiglio di Stato con la motivazione che noi siamo nessuno “quivis de populo” e che la nostra richiesta di non privatizzare i servizi pubblici locali contrasta “… con le norme e i principi comunitari e nazionali che tutelano i valori della legalità, del libero mercato e della concorrenza” (sic!) 

Purtroppo il Comune di Torino non fa eccezione. Tra il 2008 e il 2011 una forte diminuzione del consumo d’acqua ha ridotto di € 46,652,540 gli introiti di SMAT S.p.A. Anni dopo, grazie al silenzio-assenso della maggior parte dei Comuni azionisti, SMAT recupera questa grossa somma tramite “conguaglio” contro il quale il Comitato Acqua Pubblica di Torino fa ricorso al Giudice di Pace. Passano tre anni e finalmente la sentenza: il Giudice di Pace ci dà ragione e condanna SMAT a restituire agli utenti il maltolto[9].

Strategie del Comitato Acqua Pubblica Torino (2011-2017)

Pur essendo proprietari di SMAT S.p.A., i Comuni di Torino Metropolitana tollerano il suo comportamento irresponsabile nei confronti degli utenti e dell’ambiente. È per questo che il Comitato Acqua Pubblica Torino ha lanciato una nuova campagna perché sia rispettata la volontà popolare espressa nel Referendum 2011 e cioè la rimunicipalizzazione di SMAT.

Il PD, allora al potere, ha menato il can per l’aia per oltre un anno tentando di scoraggiarci e alla fine ha respinto la rimunicipalizzazione di SMAT e ci ha dato un contentino: a) una modifica allo Statuto di SMAT per rendere più difficile l’ingresso dei privati nella sua compagine azionaria e b) una modifica ai patti parasociali secondo la quale l’80% degli utili non sarà più distribuito agli azionisti ma trattenuto in azienda e destinato agli investimenti[10].

Pur apprezzando che il pericolo di privatizzazione sia un po’ ridotto (ma non escluso) e che la maggior parte dei profitti rimanga in azienda per finanziare gli investimenti (riducendo il ricorso oneroso al mercato), il Comitato Acqua Pubblica Torino non si è dichiarato soddisfatto perché SMAT resta comunque un’azienda di diritto privato a scopo di lucro.

Primi timidi passi verso la rimunicipalizzazione: il nuovo Consiglio Comunale di Torino

Il cambiamento si produce nel 2016 con le elezioni comunali. La coalizione PD subisce una grave sconfitta e il Movimento 5Stelle conquista la maggioranza assoluta del Consiglio comunale. Nonostante alcuni sgradevoli incidenti, malintesi e frizioni politiche all’avvio della nuova amministrazione, il Movimento 5Stelle e il Comitato Acqua Pubblica Torino si sforzano di stabilire buoni rapporti. Nei primi mesi del 2017 un certo numero di consiglieri 5Stelle presentano una deliberazione per la trasformazione di SMAT in azienda di diritto pubblico senza scopo di lucro. Condivisa da due altri gruppi consiliari (Torino in Comune e Direzione Italia) la deliberazione è finalmente approvata a maggioranza assoluta dal Consiglio comunale nella seduta del 9 ottobre 2017[11].

Una nuova fase si è quindi aperta a Torino, che richiede l’attenzione e l’impegno di tutti i Comuni metropolitani. Finora, solo 40 dei 306 Comuni azionisti di SMAT S.p.A. hanno deliberato la trasformazione di SMAT in azienda di diritto pubblico[12]. La prossima tappa sarà dedicata a persuadere tutti gli altri Comuni a proseguire sulla stessa strada per dimostrare – come ha fatto la vice sindaca di Parigi Anne LeStrat – che “la creazione di un servizio pubblico efficiente, di nuovi posti di lavoro, a servizio dell’interesse di tutti e non di pochi, non è affatto un’idea superata, al contrario è un’idea di futuro”[13].

Mariangela Rosolen,
attivista di Attac Italia e del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

[1] http://www.comune.torino.it/consiglio/documenti1/atti/testi/2017_01517.pdf
[2] Vedi le immagini in prima pagina del sito http://www.ato3torinese.it/
[3] http://www.smatorino.it/area_istituzionale_3
[4] http://www.ato3torinese.it/piano-dambito/
[5] http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/ambiente/risorse-idriche/catasto
[6] https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2008&numero=335
[7] http://www.acquabenecomune.org/
[8] http://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=12/06/2011&tpa=Y&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S
[9] http://www.acquapubblicatorino.org/conguaglio/20171030_Conguaglio_Sentenza_GdP.pdf
[10] http://www.comune.torino.it/consiglio/documenti1/atti/testi/2014_01412.pdf
[11] http://www.acquapubblicatorino.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1293&Itemid=288
[12] http://www.acquapubblicatorino.org/ - v. SMAT Azienda speciale
[13] Anne Le Strat, Une victoire face aux multinationales, Les petits matins, 2015, p. 21