A Salonicco 213 mila NO alla privatizzazione dell’acqua

Dimopsifisma significa referendum in greco. Lo strumento di partecipazione popolare per eccellenza che sembra essere, allo stesso tempo, vuoto e carico di significato nel paese che ha inventato la democrazia. In Grecia infatti l’indizione di un referendum deve essere approvata dal parlamento, misura che lo priva di fatto di senso politico. Nella giovane storia della Grecia contemporanea il popolo è stato consultato direttamente una sola volta, al termine della dittatura dei colonnelli, nel 1973 per approvare la nuova costituzione repubblicana che ha abolito la monarchia. Ma la proposta di un altro referendum, mai realizzato, ha segnato profondamente la recente storia della crisi greca. Era il 31 ottobre del 2011 quando il primo ministro del Pasok, George Papandreu, di fronte alle enormi mobilitazioni sociali, annunciava di voler l’approvazione popolare al piano di salvataggio  di 172 miliardi di euro appena varato a Bruxelles. Un articolo del Financial Times ricostruisce come tre giorni dopo, al G8 di Cannes, la Grecia fu commissariata dall’asse franco-tedesco ed il premier greco immediatamente sostituito da Lucas Papademos ex vice-presidente della Banca Centrale Europea. Negli stessi giorni in Italia si insediava il governo Monti.

Dal 2011 ad oggi la Grecia ha firmato tre memorandum con la Troika che hanno portato al licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici, riduzione dei salari, la chiusura della TV di stato,  drastico ridimensionamento  dell’assistenza sanitaria e la vendita dell’intero patrimonio pubblico.  Misure varate dal governo senza passare dal parlamento (si parla di circa 240 leggi) e applicate con l’uso di una sistematica repressione del dissenso creando una situazione di concreta sospensione della democrazia.

Allo scopo di vendere il  paese pezzo a pezzo è stato creato il TAIPED (Fondo ellenico per lo sviluppo degli asset). Il sito web del fondo fa venire i brividi. Un supermercato online per investitori privati con il quale presentare offerte per l’acquisto di società pubbliche, porti, aeroporti, ferrovie, autostrade, isole, ecc.

Tra queste,  le società che gestiscono il servizio idrico ad Atene e Salonicco, che a differenza dell’Italia, sono di proprietà e gestione statale. L’iter di privatizzazione dell’EYATH è già cominciato con una gara di prequalificazione che si è svolta lo scorso anno dalla quale sono state ammesse a presentare proposte di acquisto Suez e Mekorot. Sulla gara il sindacato dei lavoratori dell’EYATH ha presentato un ricorso alla corte costituzionale. La decisione della corte non è ancora stata resa pubblica, ma alcune soffiate giornalistiche riferiscono che la corte abbia dichiarato incostituzionale la privatizzazione dell’acqua e che la pubblicazione della decisione venga ritardata per concludere la vendita. In realtà l’unica vera società in pista è Suez che possiede già il 5% dell’EYATH e si dice sia consorziata con il maganate dei media greco George Bobolas. L’EYATH è una società che genera 20 milioni di Euro di profitto l’anno e con soli 80 milioni la multiutility francese potrebbe portarsi a casa il 51%.

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