Misure di emergenza

Traduzione in italiano del comunicato stampa #MedidasDeEmergencia 

23 marzo 2020

Noi delle organizzazioni promotrici del Piano Sociale d’Urto riteniamo che il << Decreto-legge regio 8/2020, del 17 marzo, riguardante misure urgenti e straordinarie per far fronte all’impatto economico e sociale del COVID-19 >> sia del tutto insufficiente per quanto riguarda la tutela della maggior parte della società e, in particolare, della classe lavoratrice. Se davvero il Governo non vuole lasciare indietro nessuno, come successe invece nel 2008, deve ampliare la propria prospettiva. Ci sono alcune misure che vanno applicate urgentemente perché non si continui a mettere a rischio vite e per evitare un collasso sanitario e sociale. Il Governo deve prestare ascolto alla richiesta di centinaia di sindacati, organizzazioni e piattaforme antirazziste, femministe, ecologiste e sociali: esigiamo che si trovi una via d’uscita da questa crisi che è tanto sanitaria quanto sociale, assistenziale, climatica, ecologica ed economica, ma esigiamo anche che questa soluzione ponga al centro la vita, non gli interessi e il beneficio delle grandi imprese. Lasciare la salvaguardia sociale e ambientale nelle mani dell’IBEX 35 (ndr un indice della Borsa di Madrid), degli speculatori e di altri poteri economici, sperando nella loro buona volontà, non può essere un’opzione se vogliamo evitare che si accentuino ulteriormente la disuguaglianza sociale, il rischio climatico, il deterioramento ambientale e la violazione dei diritti.

Di seguito riassumiamo alcune proposte urgenti che esigiamo vengano messe in atto e che difenderemo a partire dalla solidarietà, dall’organizzazione collettiva e dalla mobilitazione.

RAFFORZAMENTO DEL SISTEMA SANITARIO PUBBLICO. DIFFUSIONE UNIVERSALE DELL’ASSISTENZA SANITARIA. INTERVENTO DELLA SANITA’ PRIVATA SENZA COMPENSO ECONOMICO.

Si prevede che nei prossimi giorni i sistemi sanitari dei territori in cui si concentra il maggior numero di casi di COVID-19 arriveranno al collasso. Non è un caso, dato che più di una decada di tagli e privatizzazioni ha ridotto gravemente la capacità del sistema sanitario pubblico. È imprescindibile ed urgente dotare i centri sanitari di risorse sufficienti. Allo stesso tempo, la scarsità di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) per tutto il personale di questi centri mette a rischio la loro vita e quella dei malati, oltre a costringere in quarantena centinaia di professionisti, debilitando dunque ulteriormente il sistema sanitario. L’intervento della sanità privata deve tradursi immediatamente nella mobilitazione di tutte le risorse private al servizio dell’interesse generale e della salute pubblica. Questa mobilitazione massiva di risorse non può poi concretizzarsi in un guadagno milionario per le imprese sanitarie private, che richiederebbe nuovi tagli una volta passata l’emergenza. Non si può permettere che queste imprese continuino a comportarsi come parassiti delle risorse pubbliche, tanto più in un momento in cui tali risorse sono più necessarie che mai.

Nella situazione straordinaria che stiamo vivendo è importante rafforzare l’informazione e i servizi d’urgenza per garantirei Diritti Sessuali e Riproduttivi. L’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) e la Contraccezione d’Emergenza (CE) devono rimanere servizi d’urgenza garantiti per tutte le donne, indipendentemente dall’età e dal possesso o meno di tessera sanitaria.

PROTEGGERE LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DEI SERVIZI ESSENZIALI. 

Al centro di quest’emergenza si trovano milioni di persone che lavorano in servizi essenziali alla vita, lavoratrici e lavoratori non solo del settore sanitario, ma di anche di molti altri: persone che lavorano in case di riposo, nel Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD), nei settori sociosanitari, nell’assistenza sociale, nella distribuzione di acqua ed energia, nei trasporti, nei servizi di pulizia, nel settore alimentare, nel farmaceutico e in molti altri. Durante questa prima settimana dello stato d’emergenza sono arrivate da tutti questi settori denunce riguardo all’irresponsabilità da parte delle imprese, alla mancata applicazione dei protocolli sanitari e alla quasi inesistenza dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Questa stessa situazione si riproduce in molti servizi per conto terzi dell’amministrazione pubblica. Fino ad ora, l’Ispettorato del Lavoro non ha reagito, con la rapidità e l’incisività necessarie, alle denunce da parte dei sindacati di queste situazioni drammatiche. 

È particolarmente preoccupante la situazione dei settori che si trovano in contatto costante con categorie a rischio, come nel caso delle case di riposo o del Servizio di Assistenza Domiciliare, che si trovano già al collasso. Se non fosse per le condizioni di precarietà in cui si trovano le lavoratrici e i lavoratori dei servizi di assistenza agli anziani e degli altri servizi nel settore dell’assistenza, si sarebbe potuto evitare un certo numero di contagi e morti. Ci preoccupa inoltre la situazione di estrema vulnerabilità in cui si trovano le migranti e i migranti che lavorano come braccianti in Andalusia. Nella maggior parte dei casi vivono in baraccopoli, senza accesso ad acqua o luce e senza alcun tipo di assistenza sanitaria o giuridica. Bisogna intervenire e obbligare le imprese ad adottare immediatamente misure di tutela.

Va segnalata la situazione di abbandono e vulnerabilità del personale domestico e di assistenza. Il regime speciale della Previdenza Sociale priva queste persone del diritto alla disoccupazione e le lascia con pensioni ancor più ridotte rispetto a quelle del resto delle lavoratrici e dei lavoratori. Durante questa crisi sanitaria e assistenziale molte si sono viste licenziare, il personale interno dei centri di assistenza si trova bloccato nelle strutture con i propri datori di lavoro e senza misure di protezione sanitaria, situazioni su cui l’Ispettorato del Lavoro non può intervenire. Per cambiare questa situazione di precarietà va ratificato il Convegno 189 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). Nel frattempo, è improrogabile l’inclusione di questi settori nel rifornimento di Dispositivi di Protezione Individuale per evitare l’ulteriore propagazione del contagio. 

BLOCCO DI TUTT LE ATTIVITA’ ECONOMICHE E PRODUTTIVE NON ESSENZIALI E LANCIO DI UN PIANO INDUSTRIALE DI PRODUZIONE DI DPI, TEST E ACCESSORI PER LA VENTILAZIONE.

Le misure di salvaguardia della salute pubblica si sono fermate davanti alle porte delle imprese. È un atto irresponsabile lasciare che imprese che si occupano di attività non imprescindibili continuino con la produzione come se niente fosse, mentre tutto il Paese è in pieno stato d’allarme e viene limitata la mobilità. Inoltre, nella maggior parte dei casi, le imprese lavorano attuando misure di protezione scarse o nulle. Durante questa settimana molti sindacati e comitati, con il loro personale, hanno bloccato l’attività nei rispettivi luoghi di lavoro, applicando l’art.21 della Legge per la Sicurezza sul Lavoro.

Tuttavia il Governo non può, ancora una volta, far finta di nulla e lasciare la vita e la salute delle persone nelle mani di interessi privati. Va decretata la sospensione di tutte le attività non essenziali, evitando che continui a propagarsi il contagio. Allo stesso tempo, bisogna lanciare un piano di produzione industriale di tutti i test, DPI e accessori per la ventilazione necessari, usando le installazioni e le risorse delle industrie paralizzate.

DIVIETO DI LICENZIAMENTO E INTRODUZIONE DI UN REDDITO DI QUARANTENA UNIVERSALE E INCONDIZIONATO. 

I datori di lavoro stanno approfittando della situazione di shock per far ricadere i costi di questa crisi sulle spalle di lavoratrici e lavoratori. È urgente proibire i licenziamenti e revocare quelli che sono già stati disposti a partire dall’inizio dell’emergenza. Inoltre, la valanga di licenziamenti temporanei colpisce quasi senza distinzioni da un lato le piccole imprese (con un personale di massimo cinquanta persone) che hanno visto ridotte le proprie entrate e che rischiano di non sopravvivere alla crisi, dall’altro multinazionali con profitti da milioni di euro, ma esonerate al 75% dal pagamento delle quote della previdenza sociale. Bisogna ribaltare la situazione e fare in modo che le società private di mutua assicurazione e le grandi imprese paghino la propria parte. Un’opzione potrebbe essere un permesso retribuito di quattro settimane disposto dal datore di lavoro e che non pregiudichi gli accordi in un’eventuale negoziazione. Nessuno deve essere licenziato né, se non necessario, esposto a rischi.

In ogni caso nessuno, con o senza contratto di lavoro, può rimanere senza introiti durante l’emergenza sanitaria, o le conseguenze saranno devastanti. Per questo è imprescindibile introdurre un << reddito base di quarantena >> che garantisca delle entrate per tutta la durata dello stato d’allarme e in maniera universale e incondizionata. Questo reddito base deve garantire la sussistenza ad ogni lavoratrice o lavoratore dipendente, autonomo o professionista che abbia dovuto sospendere la propria attività. Allo stesso modo, questo reddito servirà a proteggere le piccole e medie cooperative che lavorano nel Commercio Equo e Solidale, chi lavora in settori più precari e meno tutelati, come nel caso del personale domestico o di chi lavora in settori dell’economia informale, chi si occupa dell’assistenza a minori; ma tutelerà anche dipendenti e persone anziane non remunerate. L’accesso a questo reddito base deve essere garantito a chiunque, indipendentemente dalla nazionalità, dallo status di residenza e dalla situazione amministrativa.

Inoltre, va garantito il completo funzionamento dei servizi sociali -attualmente inesistenti, o comunque al minimo dell’attività, in quasi tutte le amministrazioni- affinché nessuna famiglia rimanga priva di tutele, senza alimenti o beni di prima necessità, che vanno forniti invece da questi stessi servizi sociali al momento inattivi. 

SOSPENSIONE DEL PAGAMENTO DI AFFITTI, MUTUI, BOLLETTE E BLOCCO DI TUTTI GLI SFRATTI.

La speranza che si generi una catena i solidarietà a partire dagli speculatori è un’illusione vana. Sono necessarie misure che ne limitino il campo d’azione. Bisogna stabilire l’esonero dal pagamento di mutui e affitti per evitare che questa crisi sanitaria faccia perdere la casa a più famiglie di quelle che già non ne hanno più una. La moratoria del pagamento delle ipoteche approvata dal Governo consiste in una semplice sospensione temporanea, con criteri molto restrittivi. Una volta giunta a termine questa sospensione, le persone ipotecate dovranno continuare a far fronte ai pagamenti -a differenza delle imprese che abbiano sollecitato dei licenziamenti temporanei, le quali resteranno esonerate dal pagamento delle quote della previdenza sociale-. Le banche non fanno altro che rimandare la riscossione e, di nuovo, non si fanno carico di nessun costo in questa situazione critica. Esigiamo l’esonero dai pagamenti per tutta la durata dell’emergenza e, pertanto, che non si accumulino debiti.

Su questa stessa lunghezza d’onda, va garantito l’accesso a tutte le forniture di base (acqua, luce, gas e telecomunicazioni) senza restrizioni e con il chiaro divieto di sospensione della fornitura negli ambiti domestici, con l’impegno da parte delle grandi imprese di farsi carico dei costi grazie ai propri introiti milionari. Questi servizi, essenziali alla sussistenza, devono essere gestiti in maniera pubblica e democratica.

Per aderire ai dettami del Comitato dei Diritti Sociali, Economici e Culturali delle Nazioni Unite è necessario anche estendere oltre la durata precisa dello stato d’allarme il blocco degli sfratti nei casi di assenza di un’abitazione alternativa, dato che gli effetti della corrente situazione continueranno a palesarsi nei prossimi mesi.

RISORSE PER INTERVENIRE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

La strategia del confinamento sposta sulle spalle delle famiglie tutta la vulnerabilità, la tensione e il peso della responsabilità nei confronti degli individui che necessitano di assistenza particolare, ma sono soprattutto le donne a sentirne il carico. C’è bisogno di misure d’urto che mantengano attive e rafforzino le risorse sociali per la prevenzione e individuazione di episodi di violenza sulle donne e per il sostegno alle donne che in questo contesto si trovano esposte a situazioni di possibile o accertata violenza, così da evitare che per queste donne il confinamento si trasformi in un isolamento totale e in una vera e propria condanna.

LIBERAZIONE DI DETENUTE E DETENUTI DI ETA’ SUPERIORE AI 65 ANNI O CON MALATTIE CRONICHE GRAVI.

Nelle carceri le condizioni di vita sono già pessime di per sé, e la mancanza di assistenza sanitaria è una costante. Nessuno dei centri penitenziari dello Stato spagnolo ha una capacità tale da poter isolare in condizioni adeguate (ovvero non in celle da isolamento penitenziario) le detenute o i detenuti che presentano dei sintomi, né tantomeno la possibilità di trattare in maniera adeguata le persone con una sintomatologia grave. Per questo, esigiamo che le detenute e i detenuti classificati come categoria a rischio per via dell’età o perché affetti da malattie pregresse vengano scarcerati immediatamente. 

CHIUSURA DEI CIE, FINE DELLE DEPORTAZIONI E DEROGA DELLA LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE.

In questa situazione di emergenza sanitaria devono essere garantiti i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali delle persone migranti e razzializzate (ndr vittime di discriminazione razziale). La situazione nei CIE è molto simile a quella delle prigioni, quindi si impone la necessità di ordinarne la chiusura. Inoltre, vanno elaborate misure che portino all’evacuazione delle persone internate nei Centri per il soggiorno temporaneo degli immigrati a Ceuta e Melilla, per permetterne poi l’accesso alla Penisola.

Allo stesso modo, c’è l’urgenza di evitare che le misure speciali, derivate dalla situazione d’emergenza, secondo cui agiscono le forze dell’ordine vengano usate come copertura per retate razziste. Bisogna garantire la protezione dei Centri di Accoglienza, con particolare attenzione alla situazione dei Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA) e continuando a tutelare le persone anziane, non lasciandole indifese. Per evitare di mettere ulteriormente in pericolo le migranti e i migranti è necessario derogare la legge sull’immigrazione e far sì che mantengano validità identificativa i documenti scaduti.

Inoltre, richiediamo che vengano tradotte in varie lingue tutte le indicazioni governative, le raccomandazioni sanitarie e i protocolli comunitari che vengono attivati, secondo i criteri di varietà culturale di ogni comunità, e che anche il materiale informativo per la prevenzione venga elaborato in diversi idiomi. 

GARANTIRE RISORSE PUBBLICHE SUFFICIENTI PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO SOCIALE D’URTO.

Le misure finora approvate dal Governo si basano sull’aumento della spesa pubblica e allo stesso tempo sull’esonero dal pagamento delle imposte, ovvero quindi una riduzione delle entrate in un sistema già fortemente in regressione. Le casse della previdenza sociale potrebbero vedersi svuotate a causa delle migliaia di licenziamenti temporanei messi in atto per proteggere gli interessi delle grandi imprese private. Il costo di centinaia di migliaia di stipendi e di contributi sociali verrà sostenuto con il denaro pubblico praticamente senza condizioni o misure compensative. Durante la crisi globale del 2008 si spostò sul settore pubblico un problema di debito privato per salvare il sistema bancario, e questo non può accadere di nuovo.

Il sistema bancario deve farsi carico di alcune perdite economiche e saldare il proprio debito con la società, un debito che ammonta a 65.725 milioni di euro. Viste le entrate per il valore di 23.000 milioni dichiarate dalle banche, bisogna far sì che il sistema bancario si assuma la propria responsabilità. Allo stesso modo, IBEX 35 e le altre imprese con enormi entrate devono farsi carico del costo di questa crisi, facendo ognuna la propria parte. Si tratta di un prezzo che non può ricadere unicamente, ancora una volta, sulle spalle della maggior parte della società mentre una piccola fetta continua ad arricchirsi. 

Queste misure sono imprescindibili, realizzabili e urgenti se si vuole uscire dalla crisi coronavirus in modo diverso rispetto alla crisi del 2008. In questo comunicato ci limitiamo a segnalare solo le linee principali di un Piano Sociale d’Urto senza fornire il dettaglio di tutta la sua articolazione attraverso un insieme di proposte più concrete. Noi delle varie organizzazioni, sindacati e piattaforme promotrici del Piano Sociale d’Urto ci siamo impegnati e continuiamo a lavorare per svilupparlo all’interno dei vari ambiti di lotta a cui ognuno di noi si dedica. Se il Governo non applica queste misure o le applica in maniera parziale, come collettività ci muoveremo in tutti i modi possibili per fare pressioni e garantire i diritti di milioni di persone.

Incoraggiamo tutte le persone colpite da questa crisi ad autoorganizzarsi e promuovere insieme questa lotta. Non permetteremo che la crisi sanitaria e la paralisi economica si trasformino in una nuova scusa per alimentare il deterioramento climatico e ambientale, l’impoverimento della maggior parte della società e la violazione dei diritti fondamentali.